Il fenomeno della digitalizzazione che ha interessato le amministrazioni pubbliche, dal punto di vista storico evolutivo, rappresenta la naturale conseguenza dell’inarrestabile progresso della società tecnologica. Del resto, la missione primaria delle istituzioni si sostanzia nel perseguimento dei diritti dei cittadini e delle imprese, a tutela del benessere della collettività; per far questo, occorre che le amministrazioni siano in grado di comprendere appieno le reali esigenze della società, dialogando e interagendo, a tutti i livelli, con le modalità più idonee. Per svolgere in modo adeguato il proprio compito, dunque, il settore pubblico deve inevitabilmente evolvere insieme alla società di riferimento, attraverso la promozione e il governo dello sviluppo digitale.
Sulla base di questi presupposti, grazie alla complessa opera di riforma del settore, si è affermato l’attuale modello di amministrazione digitale (e-government), ovverosia l’organizzazione delle attività dell’amministrazione pubblica basata sull’adozione estesa ed integrata delle tecnologie ICT nello svolgimento delle funzioni e nell’erogazione dei servizi. A ben vedere, il concetto stesso di “amministrazione digitale” si riferisce proprio all’evoluzione della pubblica amministrazione abilitata dalle tecnologie informatiche e accompagnata dal conseguente cambiamento delle logiche e dei processi. Non si tratta semplicemente di una mera informatizzazione e automazione dei procedimenti, quanto invece di una riorganizzazione, razionalizzazione e reingegnerizzazione delle attività, volti a favorire un nuovo rapporto con la cittadinanza, anch’essa “digitale”. Da questo punto di vista, quindi, occorre riconsiderare in modo profondo relazioni, attività e processi, in cui le tecnologie digitali non rappresentano il fine ultimo, ma costituiscono uno strumento essenziale per raggiungere gli obiettivi tipici dell’agere pubblico.
Il fenomeno della digitalizzazione del settore pubblico, abilitato dall’incessante evoluzione della realtà digitale, inoltre, ha determinato un significativo impatto non soltanto nella relazione tra il cittadino e la pubblica amministrazione, ma anche nel concetto stesso di cittadinanza.
Sotto questa prospettiva, è sintomatico quanto accaduto in seguito alla riforma del D. Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’Amministrazione Digitale, di seguito anche “Codice” o “CAD”), recata dalla Legge Madia (l. 7 agosto 2015, n. 124), la quale significativamente attribuisce all’art. 1 la rubrica “Carta della cittadinanza digitale” che, in seguito, è divenuta anche la rubrica della sezione II del capo I del Codice, dedicata proprio ai diritti. La scelta, in particolare, rappresenta un forte segnale dell’intenzione del legislatore di rafforzare e rendere effettivi i diritti digitali, a conferma della centralità riservata al cittadino. Nella sua essenza concettuale, la cittadinanza digitale può essere definita come il complesso dei diritti e dei doveri dei cittadini formulati in adattamento allo sviluppo dell’e-government e della fruizione dei servizi digitali; uno spazio giuridico in cui i diritti e doveri di cittadinanza possono essere esercitati sia nel contesto fisico sia in quello virtuale del web. In altri termini, la cittadinanza digitale esprime la moderna configurazione dei diritti dei cittadini nei confronti delle istituzioni, abilitata dalle nuove tecnologie.
Sotto il profilo normativo, l’art. 3 del Codice fonda le basi della cittadinanza digitale sul diritto all’uso delle tecnologie come presupposto determinante per l’esercizio dei diritti dei cittadini e l’adempimento dei doveri da parte delle istituzioni[1]. La norma, di portata assai ampia, riguarda ogni fase del rapporto tra il cittadino e la pubblica amministrazione – anche nella dimensione dell’accesso e della partecipazione – e stabilisce il diritto di pretendere dai pubblici uffici l’interazione attraverso la modalità digitale, da cui deriva il corrispondente obbligo per l’amministrazione di adeguarsi, sotto il profilo tecnico e organizzativo, per soddisfare le esigenze del cittadino[2]. In caso di violazione, inoltre, è riconosciuta una tutela giurisdizionale dinnanzi al giudice amministrativo[3]. Del resto, lo stesso art. 2, comma 1, del Codice impone alle amministrazioni di fare ricorso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione per soddisfare gli interessi della collettività, assicurando «la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in modalità digitale», così determinando un vero e proprio diritto del cittadino ad una amministrazione digitalizzata, direttamente azionabile nei confronti di quest’ultima.
Il diritto così declinato si completa, sotto il profilo culturale, nell’art. 8 del Codice, rubricato «Alfabetizzazione informatica dei cittadini», in cui emerge l’importanza del ruolo delle amministrazioni nella promozione di iniziative e azioni specifiche volte a favorire, tra i cittadini, lo sviluppo delle competenze digitali di base necessarie e agevolare l’utilizzo dei servizi digitali[4]. L’alfabetizzazione digitale, unitamente alle iniziative adottate per riduzione del c.d. digital divide[5], costituiscono dei tasselli fondamentali nella realizzazione di un sistema efficiente di e-government, poiché creano le necessarie condizioni culturali e infrastrutturali per favorire l’esercizio dei diritti nel cyberspazio e il pieno sviluppo del cittadino nella sua dimensione digitale, a loro volta fattori abilitanti del diritto fondamentale all’uso delle tecnologie, riconosciuto nella Carta della cittadinanza digitale.
Il rapporto tra il cittadino e la pubblica amministrazione digitale assume concreta sostanza di fronte alla previsione dell’art. 3-bis del Codice[6], nel quale si afferma un vero e proprio diritto di accesso ai servizi online erogati dalle amministrazioni, attraverso l’uso delle identità digitali e il punto unico di accesso telematico (art. 64-bis CAD). Si tratta di una previsione di ordine generale, da cui derivano una serie di specifici doveri dell’amministrazione pubblica, con l’obiettivo di creare un vero e proprio sportello pubblico virtuale mediante il quale ogni cittadino può interagire con l’amministrazione erogante, in tempo reale e da qualsiasi luogo. La stessa norma, inoltre, delinea il quadro generale in tema di domicilio digitale, quale elemento determinante nelle interazioni digitali tra cittadini e amministrazioni.
La cittadinanza digitale si compone, poi, di una serie di diritti “derivati” riguardanti aspetti collegati al procedimento e alle modalità di pagamento nei confronti delle amministrazioni[7], alle modalità di comunicazione tra cittadini e pubbliche amministrazioni[8] e tra queste ultime e le imprese[9].
Completano il quadro dell’attuale Carta della cittadinanza digitale, infine, alcuni ulteriori diritti ispirati ai principi di trasparenza, partecipazione e collaborazione, tipici del modello di open government, come il diritto a servizi online di qualità[10] e il diritto alla partecipazione democratica elettronica (e-democracy)[11]. L’utilizzo delle nuove tecnologie della comunicazione nel settore pubblico, infatti, apre nuovi spazi di dialogo e permette di potenziare le relazioni bi-direzionali tra pubblica amministrazione e cittadino, coinvolgendo quest’ultimo non solo nelle iniziative pubbliche, ma anche nell’elaborazione delle decisioni e nella partecipazione attiva alla sfera pubblica, nella prospettiva di migliorare la qualità delle politiche pubbliche, aumentare il livello di fiducia e rafforzare il processo democratico.
Accanto alla previsione dei diritti digitali, inoltre, occorre affiancare l’adozione di concrete iniziative di trasformazione digitale della pubblica amministrazione in grado di rendere effettivi tali diritti. Per ciascun diritto di cittadinanza digitale, infatti, corrisponde un equivalente dovere da parte delle istituzioni, tenute ad attivare i necessari strumenti per la realizzazione degli obiettivi previsti in materia di digitalizzazione e per l’effettivo riconoscimento dei diritti dei cittadini e delle imprese.
Proprio nell’ottica di garantire effettività ai diritti dei cittadini e, allo stesso tempo, trasportare le istituzioni e l’intero Paese verso la trasformazione digitale, l’Agenzia per l’Italia Digitale, con la recente determinazione del 9 marzo 2022, n. 57/2022, ha approvato e disposto la pubblicazione della Guida dei diritti di cittadinanza digitali, in attuazione dell’obbligo stabilito dall’art. 17, comma 1-quinquies, del CAD. La Guida, redatta con un linguaggio semplice e chiaro, si pone l’obiettivo di informare il cittadino in merito agli strumenti e ai servizi disponibili, fornendo una panoramica sulle norme che regolano e tutelano tali diritti. La prima parte della Guida, in particolare, analizza il concetto della cittadinanza digitale e offre una visione completa dei diritti, illustrandone i vantaggi nell’interazione con la Pubblica Amministrazione. Nella seconda parte, invece, è presente una descrizione più dettagliata dei singoli diritti di cittadinanza digitale e le modalità previste per la loro tutela, da quella amministrativa e giudiziaria, alla possibilità di inviare una segnalazione al Difensore Civico per il digitale.
La Guida, dunque, si inserisce nel novero delle iniziative volte a favorire la più ampia conoscenza dei diritti, nonché degli strumenti e delle soluzioni tecnologiche di cui si può disporre per rapportarsi con la Pubblica Amministrazione, fattori di assoluto rilievo per garantire l’esercizio pieno e consapevole dei diritti di cittadinanza digitale.
[1] Art. 3 del CAD: «Chiunque ha il diritto di usare, in modo accessibile ed efficace, le soluzioni e gli strumenti di cui al presente Codice nei rapporti con i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2 [ovverosia i soggetti cui si applica il Codice], anche ai fini dell'esercizio dei diritti di accesso e della partecipazione al procedimento amministrativo, fermi restando i diritti delle minoranze linguistiche riconosciute».
[2] Sin dalle prime disposizioni del Codice emerge, in modo piuttosto evidente, l’impostazione dualistica determinata dalla presenza, da una parte, di cittadini e imprese titolari di un diritto all’uso delle tecnologie nei loro rapporti con le istituzioni e, dall’altra, delle amministrazioni pubbliche soggette ad un dovere di digitalizzazione nei rapporti con gli utenti.
[3] Art. 3, comma 1-ter del CAD.
[4] Cfr. art. 8 del CAD.
[5] Cfr. art. 8-bis del CAD.
[6] L’art. 3-bis del CAD, al comma 01, dispone quanto segue: «Chiunque ha il diritto di accedere ai servizi on-line offerti dai soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, tramite la propria identità digitale e anche attraverso il punto di accesso telematico di cui all'articolo 64-bis». Accanto al diritto di accesso ai servizi online, l’art. 7 del Codice riconosce anche il più ampio diritto di fruizione dei servizi pubblici, «in forma digitale e in modo integrato, tramite gli strumenti telematici messi a disposizione dalle pubbliche amministrazioni e il punto di accesso di cui all'articolo 64-bis, anche attraverso dispositivi mobili» (art. 7, comma 01 del CAD). Per realizzare ciò, le pubbliche amministrazioni «provvedono alla riorganizzazione e all’aggiornamento dei servizi resi, sulla base di una preventiva analisi delle reali esigenze degli utenti e rendono disponibili on-line i propri servizi nel rispetto delle disposizioni del presente Codice e degli standard e dei livelli di qualità individuati e periodicamente aggiornati dall'AgID con proprie Linee guida tenuto anche conto dell'evoluzione tecnologica» (art. 7, comma 1 del CAD).
[7] Cfr. art. 5 del CAD, rubricato “Effettuazione di pagamenti con modalità informatiche”.
[8] Si vedano, in proposito, le disposizioni in materia di domicilio digitale, il cui utilizzo è disciplinato dall’art. 6 (Utilizzo del domicilio digitale), e quelle relative ai pubblici elenchi contenenti gli indirizzi telematici (Indice “INI-PEC”, art. 6-bis; Indice “IPA”, art. 6-ter; e, infine, Indice “INAD”, art. 6-quater del CAD).
[9] Cfr. art. 5-bis del CAD.
[10] Cfr. art. 7, comma 3 del CAD.
[11] Cfr. art. 9 del CAD.